La Società di Morsano di Strada: Analisi Semi-Seria di un Ecosistema Friulano

In questa sezione si analizzano i caratteri tipici della società morsanese vista come un'esemplificazione della società friulana. Per iniziare, una buona introduzione é offerta dalle statistiche del Comune di Castions di Strada. A differenza delle statistiche, l'analisi che qui facciamo non ha pretese scientifiche, per le quali si rimanda ai sociologi dell'Università di Udine, ma vuole essere un modo per mettere in evidenza gli aspetti singolari del vivere paesano. Naturalmente senza prendersi troppo sul serio…

1. GLI ARCHETIPI SOCIALI

1.1 Il Trinagolo Sociale (ovvero: lo statale, il lavoratore autonomo e il dipendente)
Un interessante aspetto della cultura italiana é che ció che appassiona i suoi abitanti non sono le divisioni tra classi sociali o divisioni di natura etnica, bensi' la cruciale divisione tra statali e non-statali. Prima di analizzare in dettaglio questa distinzione, va sottolineato che nel pensare friul-morsanese é portato ai limiti dell'esasperazione.

Lo statale é visto come colui che non ha obblighi di sorta (incluso quello di lavorare) ed ha solamente benefici (incluso uno stipendio superiore alla media dei pari grado nel settore privato). Lo statale non puó essere licenziato, ha piú ferie di tutti, ha diritti sindacali altrimenti impensabili nel mondo commerciale e non é soggetto praticamente a nessun controllo sulla qualita' ed efficenza del suo lavoro. A contornare la posizione dello statale é anche il fatto che nell'immaginario collettivo friul-morsanese trattasi di una persona proveniente generalmente dal sud della penisola, regione del mondo spesso vista con sospetto e diffidenza.

I non statali invece, sono quelli che secondo il credo comune, sono gli unici deputati a lavorare e produrre. Tuttavia, gli stessi non-statali non sono un gruppo omogeneo e si dividono a loro volta in due categorie: i lavoratori autonomi ed i lavoratori dipendenti (che nella mentalita' friulana, si identificano con l'operaio).

L'autore inglese Tim Parks ha identificato in maniera molto chiara le differenze tra questi tre gruppi sociali ("Italian Neighbours", Vintage, London, 1992) che qui riassumiamo in maniera schematica:

 
...allo Statale
...al Lavoratore Dipendente (Operaio)
...al Lavoratore Autonomo
Lo Statale dice...
Abbiamo vinto la lotteria!
Il lavoratore autonomo é il peggio di tutti! Non paga le tasse e fa soldi alle spalle dei dipendenti!
L'operaio é proprio sfortunato! Non fa soldi come un autonomo ed non ha un lavoro sicuro e ben remunerato come lo statale.
L'Operaio dice...
Il lavoratore autonomo é il peggio di tutti! Non paga le tasse e fa soldi alle spalle dei dipendenti!
Qui ci tocca trovare un posto statale o metterci in proprio sennó siamo fregati!
Lo statale é il peggio di tutti! E' un mangia pane a tradimento: non lavora ed é strapagato per quel poco che fa!
Il Lavoratore Autonomo dice...
L'operaio é proprio sfortunato! Non fa soldi come un autonomo ed non ha un lavoro sicuro e ben remunerato come lo statale.
Lo statale é il peggio di tutti! E' un mangia pane a tradimento: non lavora ed é strapagato per quel poco che fa!
Abbiamo vinto la lotteria!

Insomma, il dipendente é colui che sta peggio di tutti e sia lo statale che il lavoratore autonomo lo guardano con occhi di commiserazione. Lo statale e l'autonomo tra di loro condividono una comune visione del mondo: entrambi hanno vinto la lotteria! Il primo ha uno stipendio sicuro indipendentemente da quello che fa o non fa, il secondo, puó fare una barca di soldi nella patria dell'evasione fiscale e dei condoni (avete mai visto qualcuno andare in galera per evasione fiscale?!?).

C'é il sospetto che l'autonomo abbia bisogno dello statale per dare una giustificazione morale alla sua evasione fiscale...non si vorra' mica pagare tutte le tasse per vedere i soldi cosi' duranmente sudati andare dispersi in baby pensioni (quelle date agli statali andati in pensione a quarantanni con soli 20 anni di servizio).

Forse perché il Friuli le ha viste di tutti i colori in termini di miseria, invasioni e guerre, il concetto di precarieta' lavorativa é la peggior peste che possa tormentare il lavoratore friulano. Da questa prospettiva lo statale é invidiato tuttivia, il Friulano é fondamentalmente un lavoratore per cui si sente a disagio se percepito come uno scansafatiche. Se fa l'operaio si sente in colpa per non essere stato capace di mettersi in proprio, se é un lavoratore autonomo si sente a disagio all'essere giudicato un evasore per partito preso in quanto il Friulano é ligio e rispetta le leggi e le istituzioni. Insomma, dalle dinamiche tipiche nel triangolo sociale italiano, il Friulano ne esce comunque e sempre con sensi di colpa...

1-2 Il lavoratore Autonomo/ Imprenditore

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In questa sezione "imprenditore" é considerato chiunque abbia un'azienda sia individuale che con dipendenti. Si includono quindi tutti i lavoratori autonomi siano essi artigiani, commercianti o piccoli industriali. Da notare che lo stile di vita ed i caratteri tipici del lavoratore autonomo saranno tanto piú marcati tanti piú dipendenti ha la sua azienda.

La figura dell'imprenditore riveste un'importanza cruciale all'interno delle società di quella che il sociologo Arnaldo Bagnasco definì la "terza Italia". La "terza Italia" é rappresentata dalle regioni del Centro - Nordest dove, il ruolo centrale dello sviluppo economico é giocato dalle piccole e medie imprese (PMI) spesso organizzate in "filiera" o distretti industriali.
Anche a Morsano gli imprenditori sono una figura centrale del tessuto sociale e godono di uno status sociale di prim'ordine. Infatti, molto spesso essere imprenditore é più un "essere qualcuno" che "l'avere qualcosa". Non é l'essere ricco che determina rispettabilità bensì il creare qualcosa di socialmente utile che, nella mentalità friulana, significa creare un'azienda (in specifico manifatturiera o agricola).

Chi é l'imprenditore friul-morsanese
L'imprenditore friul-morsanese é nella quasi totalità dei casi una persona che ha messo in piedi un'azienda dal nulla con le proprie forze e la propria creatività. In pochissimi casi, l'azienda é stata ereditata e quindi ampliata o diversificata nella sua produzione. Il boom delle imprese non-agricole si é avuto negli anni del miracolo economico tra il dopoguerra e gli anni ottanta, quando il basso costo del lavoro rese l'Italia una sede ottimale per le aziende manufatturiere con forte inclinazione all'esportazione.

Generalmente l'imprenditore non ha particolari titoli di studio ma questo puó variare a seconda della generazione. Gli imprenditori nati fino agli anni Cinquanta possiedono la sola V elementare. Il percorso formativo é poi proseguito sul posto di lavoro dove, a partire dall'età di 14 e alle volte 11 anni, quello che sara' l'imprenditore del domani si é formato professionalmente imparando il mestiere come garzone o apprendista, riuscendo ad essere particolarmente bravo ed efficiente. Dalla consapevolezza di saper fare bene il proprio lavoro al decidere di mettersi in proprio il passo é breve. L'imprenditore friul-morsanese é generalmente un operaio che ha messo su la sua azienda o che semplicemente si é messo in proprio come artigiano.

A Morsano non ci sono grandi o medie imprese. Le più grandi hanno circa una quindicina di dipendenti e sono gestite sempre sotto il diretto controllo dell'imprenditore. Va detto che la maggior parte delle imprese sono aziende individuali o con uno o due dipendenti. Tuttavia, anche nelle imprese maggiori, l'imprenditore partecipa direttamente alla produzione lavorando assieme ai dipendenti sia sulle macchine che "sporcandosi le mani" durante tutte le fasi del processo produttivo. Si tratta più di un imprenditore-operaio con la tuta blue e i calli alle mani che di un imprenditore-dirigente in giacca e cravatta.

Anche lo stile di vita che l'imprenditore medio conduce é simile a quello degli operai. Difficile anche che un imprenditore si senta intrinsecamente diverso dagli operai anche perché nella totalità dei casi, l'imprenditore locale proviene da famiglie contadine o di operai.

L'azienda é una droga per l'imprenditore friulano ed assorbe la sua mente sempre, 24 ore al giorno e 365 giorni all'anno. Infatti, l'imprenditore non va in vacanza. Le ferie sono cose da statali e studenti mentre l'imprenditore non puó permettersi lussi quali il non lavorare nella sua azienda anche ad agosto. Spesso l'imprenditore friulano chiude ufficialmente l'azienda ad agosto mandando gli operai in ferie ma in realtà lui rimane tra le mura dell'officina o in cantiere a pulire, riassestare e fare manutenzione. Tipica é anche la situazione in cui la famiglia dell'imprenditore va in vacanza (in una zona a portata d'auto) mentre l'imprenditore capofamiglia si premura di raggiungerla la sera o nel fine settimana dopo aver speso la giornata a fare manutenzione in azienda.

Come é visto l'imprenditore
La lingua friulana definisce colui che ha un'azienda con la parola "paron" che letteralmente significa "padrone". Questa definizione, di per se abbastanza intimidatoria, é il probabile frutto delle vicende che hanno plasmato nei secoli la mentalità friulana. Mentalità incline alla rassegnata sottomissione verso chiunque eserciti una qualsiasi forma di controllo sociale, politico o economica; sia questo il Patriarca d'Aquileia, il Conte veneziano, il capitano napoleonico, il borghese latifondista o… chi gestiscea un'impresa.

In una società, quale quella Italiana, dominata dall'interminabile burocrazia, dalla lentezza dell'apparato statale, dalle rigide leggi del lavoro e soprattutto dall'alta tassazione per le PMI, avere l'abilità, la forza di volontà ed il coraggio di "mettere su impresa" conferisce all'imprenditore un'aura quasi eroica.

Alla figura dell'imprenditore, la società friulana generalmente attribuisce moltissime qualità quali (in stretto ordine d'importanza):
- gran lavoratore;
- spirito di sacrificio;
- intelligenza;
- caparbietà;
- inventiva e creatività;
- responsabilità sociale (dà lavoro agli operai).

Un po' come frutto della mentalità friulana, che istintivamente attribuisce un posto di privilegio quantomeno psicologico al "paron", un po' per un istintivo e genuino riconoscimento comunitario della bravura che si dimostra nel "creare ricchezza", per la società friul-morsanese gli imprenditori sono i nuovi "Re Taumaturghi". Il "paron" tutto sa, tutto può (o quasi) e va ascoltato, consultato e rispettato.
[Nel medioevo i re di Francia ed Inghilterra, nel momento in cui venivano investiti della dignità regale, ottenevano direttamente dal Cielo la proprietà di guarire gli scrofolosi con l'imposizione della mani (la scrofola è una malattia delle ghiandole linfatiche). Questo li rendeva molto venerati ed osannati tra le vaste classi popolari. Gli storici li definirono in seguito "Re Taumaturghi".]

Naturalmente non mancano i dissensi al sentire comune. Gli imprenditori sono visti con occhio critico generalmente dalle persone che non ce l'hanno fatta a diventare imprenditori (per diverse ragioni) e puntano la loro attenzione sull'alta evasione fiscale delle imprese e sui benefici che la legge concede ai piccoli imprenditori, quali sgravi fiscali sull'IVA e finanziamenti di vario genere per l'acquisto di macchinari o capannoni.

Tuttavia, le voci critiche sono pochissime ed essere imprenditori, a torto o ragione, é largamente ritenuta la migliore posizione nella scala sociale friul-morsanese.

Gli effetti che questo status sociale ha sull'imprenditore stesso sono molteplici e non necessariamente positivi. L'imprenditore spesso assume un atteggiamento tendenzialmente arrogante nei confronti del mondo circostante ed il livello di arroganza é relativamente proporzionale alla dimensione del conto in banca e successo della sua azienda. In una discussione tipica, l'imprenditore tenderà a "concedere" ai propri interlocutori non delle opinioni ma delle verità assolute dettate, probabilmente, da una certezza interiore che se un individuo é capace di creare e gestire un'azienda in Italia, vuol dire che per questi la vita non ha più segreti o limiti. Inutile dire che ciò non corrisponde necessariamente al vero anche se, a discolpa degli imprenditori, va detto che spesso essi sono le persone più brillanti nel panorama paesano (che naturalmente non é necessariamente un ambiente che riassume l'intero globo).

NB Interessante notare come in friulano non ci si riferisca ma ai "parons" al plurale ma sempre al "paron" come entità individuale.

Il rapporto tra il lavoratore autonomo e lo Stato
Qui bisogna fare una distinzione. Il libero professionista generalemte tace sul suo rapporto con lo Stato, verosimilmente perché furbescamente ha capito come avvantaggiarsi delle leggi e leggine che gli permettono di eludere/evadere le tasse e non vuole dare troppo dell'occhio. Invece, i piccoli imprenditori, a partire dalla maggioranza, gli artigiani, per arrivare a quelli che non hanno aziende grandi abbastanza da essere cruciali per l'economia locale, hanno un rapporto conflittuale con lo Stato. Almeno a livello ufficiale s'intende.

Non c'é giorno nella realta' friul-morsanese in cui gli artigiani ed i piccoli imprenditori si dimentichino di imprecare contro lo Stato che li vessa con balzelli di ogni sorta, li tartassa con controlli incrociati, li obera di adempimenti burocratici e alla fine, mette i bastoni tra le ruote a chi "crea ricchezza" e "da' lavoro alla gente".

Possibile che diversi organi statali abbiamo regole diverse? Possibile che se uno installa un interuttore, il tecnico della sicurezza dell'ASL lo approvera' mentre l'ispettore dell'organo regionale tal dei tali imporra' una multa perché lo stesso interruttore non é confrome con le norme vigenti? Ma sti organi statali non possono mettersi d'accordo invece di far perdere tempo alla gente??? Possibile che le tasse debbano essere cosi' alte che uno inizia a guadagnare a giugno mentre tutti gli utili creati fino al mese di giugno vengono inesorabilmente raziati dallo Stato sotto forma di tasse? Possibile che chi lavora debba mantenere uno stuolo di statali nullafacenti a cosi' alto costo?!?

Insomma, lo Stato é il grande nemico e chi lo rappresenta non é altro che la longa manus del Male supremo. Non c'é da meravigliarsi che tutto ció che suona "statale" all'imprenditore friul-morsanese suoni inesorabilmente sospetto se non ostile.

I contributi e le agevolazioni alle imprese
Naturalmente, tutte le monete hanno un dritto ed un rovescio. Se é vero che la pressione fiscale per le imprese italiane/friulane/morsanesi é particolarmente alto rispetto ad altri paesi Europei e se é vero che lo Stato italiano ha probabilmente troppe leggi e regole spesso in apparente conflitto, é anche vero che ci sono molti favori che vengono fatti al mondo imprenditoriale da parte degli organi di governo.

Per capire cosa sia sull'altra faccia della medaglia si puó partire notando come di solito gli imprenditori agricoli non si infervorino contro lo Stato, almeno quanto gli artigiani ed il resto degli imprenditori. Tutto sommato, esistono dei benefici che i lavoratori autonomi ricevono dallo Stato anche se spesso sembrano dimenticarsene; probabilmente quello che é il beneficio piú grande sono i "contributi". I contributi statali possono avere diversa forma: possono essere i lauti contributi agricoli dell'EU (accompagnati dagli sgavi fiscali percui un agricoltore non paga praticamente tasse), i contributi regionali a fondo perso per l'acquisto di un capannone, i contributi ai giovani imprenditori, i contributi per l'acquisto di attrazzeture e via dicendo.

Tali sono le aspettative nei confronti di qualche sorta di "contributo" che l'imprenditore si aspettera' di ricevere un "contributo" o uno "sgravio" per praticamente tutte le sue nuove iniziative. Il contributo é diventato nella mentalita' friul-morsanese, un atto dovuto da parte dell' invisa amministrazione statale la quale non ricevera' nessun "grazie" da parte del beneficiario perché per l'imprenditore friul-morsanese "lo Stato ti da' da una parte e ti prende dall'altra"...

Il Capannone
Nella cultura del Nordest d'Italia delle piccole imprese manufatturiere, il capannone é l'elemento dominante del panorama architettonico. A chi percorra le strade secondarie attraverso i paeseti della provincia nordorientale, si aprira' inesorabile una lunga noiosa fila di casette color pastello affiancate da ampie strutture grigie in cemento, spesso prefabbricate. Si tratta dei capannoni.

Come si sa, gli Italiani in generale sono molto attaccati alla loro provincia ed al loro paesello e per nessuna ragione al mondo vorrebbero allontanarsi dal nido natale e neppure le vicende professionali hanno la prerogativa di interferire con questo sentire comune. Questo spiega il perché gli statali vogliano sempre perentoriamente il trasferimento in un posto piú vicino casa possibile, il perché gli operai e professionisti si adattino alla produzioni locali e soprattutto il perché gli imprenditori costruiscano le fabbriche nel cortile di casa!

Il concetto di zona industriale o artigianale é nuovo nella cultura friulana e solo con difficolta' sta facendo breccia nella mentalita' locale. Per il friulano medio, avere una brutta e noiosa costruzione nella forma di un capannone dietro casa, sia essa una rimessa per i trattori agricoli o un magazzino per la produzione di scarpe o la fabbrichetta dove sono collocati i torni, non é assolutamente un problema o motivo di dubbi ed imbarazzi. Neppure i compaesani mai si lamenteranno della tristezza del vedere delle belle case circondate da brutti capannoni, anzi, in cuor loro si rallegreranno di avere cosi' tante belle realta' produttive sul loro territorio bilanciando questo sentimento con l'invidia perché il capannone del vicino é piú grande del loro.

Il capannone non solo é un elemento architettonico ma é anche un concetto filosofico che racchiude la visione del mondo delle popolazioni indigene. Se uno raggiunge degli obiettivi degni di nota nella vita, deve per forza avere un capannone dietro casa per contenere i frutti dei suoi sacrifici. A maggior ragione il capannone ha senso se si trova dietro casa perché i sabati e la domenica risulta piú facile scivolarci dentro per finire quella commessa urgente che gli operai non hanno voluto terminare facendo quel paio d'ore di straordinario che gli era stato richiesto.

Il capannone naturalmente viene costruito il piú delle volte con un contributo statale/regionale o come risultato di qualche forma di sconto fiscale (comunque questo aiutino mai verra' riconosciuto dal contadino o dall'imprenditore di turno). Naturalmente ci sono anche degli effetti collaterali al capannone dietro casa: i camion dei fornitori e dei clienti circoleranno per le vie del paese dimenandosi tra strade di pianta ottocentesca costruite per sostenere il traffico di Topolino e carri trainati da cavalli degli anni quaranta, uno sviluppo urbanistico disorganico del paese, una generale tristezza d'animo del passante che notera' il grigiore di queste costruzioni inframmezzate alla spesso gradevole fattezza delle case friulane (naturalmente l'abitante del loco non notera' questo grigiore in quanto oramai la sua capacita' critica si sara' assuefatta alla visione dei capannoni).

Non c'é neppure da sperare che i capannoni vengano abbeliti (o coperti?) con delle finiture particolari come ad esempio i capannoni con perline in legno di molti agricoltori in Austria e Germania, o circondati da alti alberi che ne nascondano la grigia tristezza. Dalla forza micidiale del capannone non verra' risparmiato neppure lo spazio circostante che servira' a raccogliere tutto il materiale che, idealmente, sarebbe dovuto stare dentro i capannoni. Cosi' si avranno dei cortili trasformati in deposito a cielo aperto per aratri e lastre di metallo, pallet e parti di vecchie macchine utensili.

Un piccolo dramma per l'imprenditore locale diventa poi il tentare di allargare il proprio capannone. Dovessero gli affari andare meglio di quanto programmato qualche decina di anni prima, il capannone dietro casa potrebbe diventare troppo piccolo per soddisfare le nuove esigenze della produzione. Da qui nasce il problema di dove espandersi. Infatti, molto spesso i capannoni si trovano a ridosso del cortile dei vicini di casa e non c'é piú spazio per possibili estensioni. Senza menzionare che nel frattempo sono nate nuove leggi che prevedono precise distanze tra le rumorose zone produttive e le abitazioni civili. L'unica soluzione é spesso il trasferire l'attivita' produttiva nella zona artigianale o industriale del paese o di paesi vicini trasformando il "vecchio" capannone dietro casa in un magazzino.

Naturalmente, non esistono esempi di capannoni demoliti: chi avrebbe il coraggio di toccare qualcosa di cosi' sacro alla cultura locale?

1.3 Lo statale

Il principio in base al quale tutte le persone hanno pari dignitá é giustamente considerato sacrosanto. Tuttavia, nell'immaginario collettivo del Nordest d'Italia, esiste una categoria di lavoratori che non gode di questo fondamentale principio: lo statale. Infatti, in queste zone, a torto o a ragione, lo statale é considerato nulla piú che un mangiapane a tradimento. Le ragioni di questo sentire comune hanno radici sia nella storia travagliata di molte regioni del Nord arricchitesi da pochi decenni sia nella storia recente della Repubblica Italiana.

La storia delle regioni del Nordest, e del Friuli in particolare, é una storia legata alla miseria e precarietá della vita delle masse contadine. Miseria secolare, invasioni dei barbari di turno, cambi repentini di dominazioni straniere piú o meno devastanti, signorotti locali non curanti delle condizioni di vita delle masse sono tutti elementi che connotano il passato di queste terre. Pertanto, sebbene non direttamente esplicito, l'idea di avere un posto sicuro, fisso, stabile e decorosamente retribuito come un posto statale, rappresenta una sorta di privilegio cui le masse del Nordest non erano tradizionalmente avvezze. Le masse erano avvezze a sudarsi duramente il pane e a dover subire le angherie dei signori di turno senza massicce protezioni sindacali o legali. Il posto statale é una sorta di manna piovuta dal cielo sia per lo stipendio che per le protezioni legislative accordategli. Come spesso osservato nella storia locale, la fortuna privilegia solo pochi e non le masse. C'é da sospettare pertanto che vi sia una sorta di naturale ritrosia verso chi ha la "vita facile" mescolata ad una certa dose di invidia nei confronti degli statali proprio perché visti come gente comune (quindi non i soliti signorotti o invasori) che devia dalla storia e dal destino comune di sofferenza e sacrificio.

C'é poi l'aspeto storico piú recente. Non é un segreto che durante la cosiddetta "prima repubblica", la categoria degli statali abbia potuto godere di notevoli privilegi. Spesso si é trattato di privilegi imbarazzanti ed al limite della decenza soprattutto se rapportati al trattamento che i dipendenti di aziende private ricevevano a parità di livello ed anzianità di servizio. In una piccola comunità paesana é molto più facile notare chi, a soli 40 anni, fa il pensionato e si dedica con dovizia ed amore ad un secondo o terzo lavoro (in nero). Molto più facile é anche notare le differenze di stipendio a parità di ore lavorate, con il settore privato delle piccole imprese. Quest'ultimo sempre più penalizzato. Tuttavia, la goccia che fa traboccare il vaso è il concetto di "assoluta non licenziabilità" che fa dello statale lo stereotipo dello scansafatiche che spende il suo tempo leggendo il giornale in ufficio o tra decine di pause caffé al bar conscio che per questa sua bassa produttivitá non sará mai licenziato. Molto impopolari sono anche i concetti "statali" di avanzamento di carriera per anzianitá e non per merito e le leggendarie raccomandazioni, che fanno dello statale una figura ambigua in quanto il sentire comune difficilmente accetta che uno statale si sia conquistato il posto di lavoro per meriti piuttosto che per conoscenze o affiliazioni politiche. Da considerare anche che una parte consistente dei dipendenti statali del Nordest proviene dal meridione; questo é un elemento importante in quanto l'endemico atteggiamento di sospetto nei confronti di chi viene da fuori regione si associa allo specifico sospetto e supponenza nei confronti dei meridionali.

Insomma, lo statale ed i suoi privilegi, nei piccoli paesi friulani non passa inosservato e come conseguenza non gode di una grossa considerazione sociale. Generalmente, un bravo operaio che sa fare il suo lavoro gode di ben piú considerazione del più ligio degli statali. Va precisato che la stima verso gli statali varia anche a seconda del loro tipo di lavoro. Il funzionario laureato avrà una buona considerazione soprattutto se lavora in settori chiave ma la considerazione é raramente genuina; il piú delle volte é legata al principio del "teniamolo buono che non si sa mai che possa essere un'utile conoscenza". Per inciso, come regola, il funzionario statale nei paesi gode comunque di una considerazione minore di qualsiasi imprenditore la cui azienda abbia più di dieci dipendenti.
Chi indossa una divisa sarà temuto piú che ammirato, i meri impiegati statali e i ferrovieri sembrano invece essere le categorie meno sicure dalle salve al fulmicotone.

Ai posteri l'ardua sentenza se tutto questo sentire comune, paesan-provinciale, è giustificato o meno.

1.4 Il dipendente (nel settore privato)
Il lavoratore dipenetende del settore privato, generalmente identificato con la figura dell'operaio, é l'elemento debole dell'equazione sociale italo-friul-morsanese.Il dipendente é fondamentalmente compatito sia dall'autonomo che dallo statale i quali naturalmente si guardano bene dal manifestare il loro sentire apertamente.

Conscio della propria situazione di svantaggio nei confronti dell'autonomo e dello statale, il dipendente aspira costantemente a diventare o uno statale o a mettersi in proprio. Nel frattempo, rimane l'unico elemento sociale soggetto a pagare tutte le tasse e a non avere un posto sicuro come lo statale.

1.5 Il Bancario
Come visto in precendenza, nella mentalita' friulo-morsanese, chi ha la peggio nell'equazione statale-autonomo-dipendente privato é ovviamente quest'ultimo. Tuttavia, il bancario é un'eccezione alla regola. Infatti, le banche fino in tempi recenti non hanno mai licenziato nessuno e le paghe ed i benefici del lavoro in banca sono sempre stati molto migliori di quelli ottenuti dal resto dei lavoratori dipendenti del settore privato. Inoltre, entrare in banca, per i figli di una societa' condadina dedita al lavoro manuale ed alla fatica fisica, é per anni stato visto come uno dei pochissimi salti nella scala sociale accettati dalla mentalita' popolare friulana. C'era poi un'aurea mistica attorno agli assunti in banca in quanto premiati con 60/60 alla maturita' o comunque con buoni risultati scolastici. La'assunzione in banca era tradizionalmente il punto di raffronto con il resto della societa' per misurare i requisiti che una persona professionalmente in gamba doveva avere (e.g. per essere assunti in banca bisogna sapere il tedesco, per essere assunti in banca bisogna aver ottenuto ameno 56/60 alla maturita' etc.).

A ben vedere, lavorare in banca ha da sempre significato:
- avere i benefici di uno statale (impossibilita' di licenziamenti, buone paghe rapportate al poco lavoro, prestigio sociale per essere tra i pochi eletti che l'hanno fatta franca nella vita);
- avere i benefici di un lavoratore autonomo (prestigio sociale, buono stipendio)
- non avere lo stigma di sciagura dei dipendenti privati (si fa un lavoro pulito, sicuro e ben pagato a differenza del resto dei paesani che sono per lo piú operai)

In realta' questa visione del bancario é fortemente distorta. Infatti, lavorare in una banca di provincia ha significato avere orizzonti limitati in quanto nel settore finanziario le carriere di un certo spessore le facevano (e le fanno) i professionisti bancari delle sedi centrali a Milano e Roma. Inoltre, il tipo di clientela friulana dei piccoli centri, non é mai stata particolarmente stimolante ed avventuriera negli investimenti per cui una certa ripetitivita' e noia professionale é da mettere in conto per chi lavora nelle banche locali. Senza contare che il lavorare in banca ha molti degli svantaggi dello statale (noia, carriere limitate, tanta politica, raccomandazioni) e non ha i pregi del lavoro manuale dove un dipendente tutto sommato impara a fare qualcosa di utile per se stesso (costruire un muretto, aggiustare una lavatrice, cambiare un interruttore elettrico) e non solo passar carte.

Sorprende che nonostante le banche italiane siano tradizionalmente state tra le meno competitive d'Europa (i servizi sono sempre stati molto simili tra un istituto e l'altro) e tra le piú costose in termini di servizi, i friul-morsanesi hanno sempre e comunque trattato i bancari come dei dipendenti equamente ricompensati per i loro servizi e non come degli "statali del settore pseudo-privato" dove i salari sono rimasti alti grazie allo sfruttamento di stampo quasi-monopolistico del cliente.

Il ruolo del bancario é cambiato negli ultimi anni ed ha iniziato a perdere il suo significato mistico nell'immaginario collettivo morsanese. Questo a seguito dell'istruzione di massa che ha portato sempre piú laureati ad essere sottopagati per fare i lavori bancari tradizionalmente riservati ai irragionevolmente-pagati ragionieri. Inoltre l'ondata di ristrutturazione del settore ha fatto si che molti istituti di credito abbiamo iniziato a licenziare personale e ad assumere dipendenti temporanei a contratto determinato o da coopeative che di certo non strapagano.

Finisce quindi un'epoca ma é improbabile che nella mentalita' friul-morsanese qualcuno mettera' mai in dubbio che lavorare in banca negli anni che furono sia stata una tra le professioni piú degne al mondo.

1.6 Il Laureato (ovvero "pi tu studîs pi stupit tu deventis!")
Essere laureati in un paesino del Friuli non ha alcun senso.
- Non ha alcun senso economico perché comunque i lavori disponibili li possono fare anche i ragionieri, i periti e i saldatori ed i salari disponibili sono comunque quelli che guadagnano i ragionieri, i periti ed i saldatori. Anzi no, i saldatori guadagnano di più dei laureati.
- Non ha senso sociale perché il laureato studia cose non utili alla vita paesana e si rende da subito alieno perché quando parla nessuno capisce di cosa stia parlando.
- Non ha senso per l'equilibrio psico-fisico. Realizzare che una laurea serve a far perdere 5 anni della propria vita mentre i coetanei paesani nel frattempo hanno messo su famiglia, comprato tre case e creato 3 aziende è un trauma non da poco. Inoltre, realizzare che le uniche opportunitá che il mercato del lavoro offre ai laureati è un sicuro magnifico posto da impiegato statale certamente rassicura gli animi dei neolaureati che hanno letto la sezione sullo statale in questa pagina.

Il laureato è spesso visto come qualcuno che sta perdendo il suo tempo per far contenta la mamma (che può raccontare che ha i pargoli all'università mentre compra le carote dall'ortolano). Per nobilitarsi, il laureato ha tre scelte:
1. Andare a lavorare a Milano e far valere la sua laurea (naturalmente dopo aver subito anni di sfruttamento );
2. Andare a lavorare nel settore pubblico con mansioni e paghe simili a quelle dell'usciere
3. Andare a lavorare per un'aziendina della zona dove ricoprirà mansioni di ragioniere o perito o saldatore. In questo caso, scoprirà che nessuno gli ha insegnato a fare il lavoro del ragioniere o del perito o del saldatore e dovrà sentirsi dire dal ragioniere o dal perito o dal saldatore di turno, rigorosamente su base quotidiana: "cosa hai studiato a fare se queste cose non le sai".

Conscio della sua condanna sociale lo studente universitario ed il laureato paesano non mostrano mai tratti di entusiasmo o ottimismo. Anche chi studia nelle migliori università o chi fa un dottorato di ricerca all'estero, non manifesterà mai quella gioia interiore che, dicono, la cultura dia. In paese la legge che regna è "plui tu studis e plui tu deventis stupit" ("piú studi e piú diventi stupido"). Frase che è il frutto della ben conosciuta constatazione che nella societá locale i laureati fanno i lavori dei ragionieri, periti e saldatori...
D'altro canto, se l'ambiente locale non necessita di laureati, chi gliela fatto fare di andare all'università? Devono essere sicuramente bacati in testa 'sti laureati!

Morsano di Strada al luglio 2005 contava 23 laureati nativi del paese piú uno proveniente da fuori paese. In tale data c'erano 10 studenti universitari.

Il numero di studenti universitari é aumentato negli ultimi anni ed é probabile che aumenterà sempre piú in futuro. Il primo laureato del paese fu LS classe 1954.

I laureati di Morsano di Strada:
- tabelle statistiche in fromat excell
- presentazione dei dati in format powerpoint

1.7 La donna laureata
Un interessante spaccato della figura della donna laureata nel Nordest é offerto dall'articolo apparso sul Corriere della Sera il 19 luglio 2004. Ancora una volta, viene dimostrata il ruolo subalterno che tradizionalmente ha la donna nella società friulana. Qui una parte essenziale dell'articolo:

"Gli imprenditori del Nord-Est lasciano le proprie aziende ai figli maschi che spesso finiscono per studiare solo lo stretto necessario. Risarciscono le figlie consentendo loro di frequentare l’università e tutt’al più le nominano in qualche consiglio d’amministrazione di famiglia. Spiega Antonio Schizzerotto, sociologo dell’università Bicocca di Milano: «Il capitale reale, la fabbrichetta, va ai maschi, la laurea, invece, che rappresenta il capitale culturale, va alle donne.
"Tratto da il Corriere della Sera on line ("Più donne laureate, ma senza lavoro" di Dario Di Vico)


2. LA VISIONE DEL MONDO

Come il resto dei Friulani, la visione del mondo del Morsanese puó riassumersi con i comandamenti che con un'ironia insolita per un friulano l'udinese Paola Viezzi ha sintetizzato nel suo libro "Friulani" (P. Viezzi, "Friulani. Fasìn di bessòi" ed. Sonda, Casale Monferrato):
1) Non avrai altra patria al di fuori della Piciule Patrie;
2) Non nominare nome di friulano invano;
3) ricordati di santificare il fogolar e l'Udinese;
4) onora i Celti e gli Austriaci;
5) non ammazzare il maiale senza fargli la festa;
6) non rubare come Roma;
7) non allungare il vino con l'acqua;
8) non dire mai no al lavoro;
9) non desiderare la lingua d'altri;
10) non desiderare di essere felice.

Partendo da questi comandamenti, vedremo qui di seguito quale sia la visione del mondo friul-morsanese.

Il Fatalismo (e lo Scetticismo)
Tratta da un volantino circolante in Internet (l'autore é invitato a farsi avanti che regoliamo le questioni di copyright all'osteria del paese)

Caratteristica fondamentale del tipico friulano e' il fatalismo. Mai dovrete in presenza di friulani manifestare ottismo , fiducia ,speranza in qualche cosa. Vi guarderebbero subito con sospetto o verreste derisi e sbeffeggiati.

Ora "essere Friulani" senza essere nati tali e' molto difficile quindi nel caso vi troviate in mezzo ad un gruppo di friulani e voleste essere accettati da loro ecco alcune frasi che vi aiuteranno in questa ardua impresa. Immaginiamo di trovarci ad un banchetto che ne so, di un matrimonio di un vostro parente e per sbaglio siete finiti in mezzo alla parte friulana del parentado. Cosa dovete dire? Come dovete comportarvi?

Il tempo (atmosferico) E' uno degli argomenti prediletti dai friulani. Popolo per lo piu' contadino (o comunque di origini contadine) segue con particolare interesse l'evolvere della situazione metreologica. Quindi nel caso fortuito in cui dovesse iniziare a piovere (bastano due gocce!) dovrete dire (possibilmente a voce alta, bocca piena di cibo e battendo con vigore il pugno sul tavolo facendo sobbalzare tutte le stoviglie):
(@ sta per una bestemmia qualsiasi)
@ , mase ploe chist an! Il vin nol fas gradasion!
(tr. troppa pioggia quest'anno, il vino non acquistera' un sufficiente tasso alcolico!)

Se pronuncerete questa frase verrete accolti da un coro di consensi.
Piu' di qualcuno puntandovi col dito pronuncera' questo tipico climax:
Ben dite!
Ben sunade!
Ben cjantade!

Dopo un po' se siete fortunati smettera' di piovere. A quel punto voi esordirete con:
@,mase sec chist an! Dute la blave in coree!
(tr. troppa siccita' quest'anno! Tutto il granturco e' ammalato)
E riceverete un altro coro di applausi, fischi, pugni sul tavolo e di "Ben dite! Ben sunade! Ben cjantade!"
Infine se proprio volete essere osannati e portati in trionfo (anche se non centra nulla col discorso) enunciate:
@, tant tribulasi par quatri panolis!
(tr. quanta fatica per quattro pannocchie!)

L'attualita'
Ad un certo punto con buona probabilita' il discorso vertera' sui fatti di attualita'. In questa epoca di intossicazioni alimentari, mucche pazze, acqua con diossina e altro il pessimismo friulano ha raggiunto i massimi livelli.
Quindi:
Se parleranno di falde acquifere inquinate, diossina negli acquedotti e simili dovrete dire ad uno qualsiasi dei commensali:
Bef aga (AGHE ndr) tu!
(tr. Bevi acqua tu! -nel senso di "e vedrai cosa ti aspetta").
In caso invece di mucca pazza e carni avariate:
Mangje cjar tu!
(tr.Mangia carne tu! E poi vedi...)
La persona che avete indicato risponder in uno dei seguenti modi:
-Propite! (proprio!)
-Vere che! (questo Ë vero!)
-A me mi ditu? (a me lo dici?)
-Sigur,cjo' (PO' ndr)! (sicuro!)
Tralascio il caso di discorsi sulla politica in quanto il friulano non differisce molto dalle altre etnie in quanto a insofferenza, delusione e disfattismo.

La Sacralità della Casa

Il "mal dal clap"...

La Seconda Casa

Molti morsanesi sono riusciti con gli anni a costruirsi o acquistarsi una casa delle vacanze. Lignano Sabbiadoro e l'arco alpino sono le destinazioni preferite per che desidera realizzare il sogno di una dimora estiva o per il fine settimana sciistico.

Generalmente il morsanese acquista una casa in necessita' di ristrutturazione e spende i weekend, distesi lungo un paio d'anni, per rimetterla in funzione.

Il Sacrificio (e lo Spirito di Sacrificio)


Il lavoro (ed il Lavorare)


Il tipo di Produzione

La Religiosità

L'Evasione Fiscale
Nel mondo di quel mammifero chiamato Uomo, estino scritte nel suo DNA alcune certezze che non si fermano davanti a confini Esiste un concetto fondamentale Tutti imbrogliano sulle tasse.

Il tempo: ovvero la cosa che cronicamente ai morsanesi manca
Il Morsanese non ha mai tempo. Sia esso in pensione, sia studente, sia imprenditore, sia casalinga, sia impiegata, il morsanese medio a qualsiasi richiesta di aiuto , collaborazione, impegno sociale non remunerato e via dicendo rispondera' che non ha tempo e che, al massimo, dovra' postporre a data da definirsi.

Visto l'impegno che il morsanese medio applica al suo lavoro, che é la causa maggiore del "poco tempo disponibile per fare qualsiasi altra cosa" verrebbe da aspettarsi che tutti i paesani girassero in Ferrari e che le apparentemente lunghe ore di lavoro servissero per guadagnare quei milioni di euro che servono a mantenere la seconda, terza e quarta casa ai caraibi. Visto che la casa ai caraibi nessun morsanese ce l'ha (almeno ufficialmente) e considerato che le Ferrari morsanesi al massimo sono quelle in scala 1:200 sul mobiletto di casa, vien da chiedersi cosa in effetti porti via cosi' tanto tempo.

Il tempo libero per molti morsanesi é speso a fare lavoretti di casa generalmente inutili, tipo togliere le erbacce dal vialetto di casa, scopare il marciapiede di fronte all'ingresso di casa, ridipingere per la dodicesima volta il portoncino del pollaio sempre dello stesso colore e soprattutto guardare la TV.

Alle volte il "non ho tempo" viene utilizzato in chiave politica. Se non si vuole collaborare ad un'iniziativa sociale indetta da un'associazione risulta sempre una buona e credibile scusa il declinare perché "non si ha tempo". Al che, i commenti riguardo alla Ferrari ed alla casa ai caraibi tornano utili. "Se non hai tempo, dov'é la tua Ferrari? Cosa diammine fai per riempire le ore di cosi' importante?". In realta' in molti casi il "non ho tempo" é piú un "non ho voglia perché preferisco andare al bar" oppure é un "non ho voglia perché di lavorare con qualcuno che mi sta antipatico non mi va".

Eppoi si scopre che il consumo di DVD a Morsano é molto alto...

Si potrebbe continuare oltre su questo tema ma adesso non ho tempo...

Le Ferie: a casa a finire il garage

L'Omertà paesana: "Alé miôr tasé"


3. LO SCENARIO POLITICO PAESANO

Tradizionalmente Morsano é stato un paese Democristiano con voti alla DC ed ai partiti di coalizione di centro ben oltre il 55%. Il partito Comunista é stato il maggior partito d'opposizione ma non ha mai superato le usuali soglie riscontrate un po' ovunque nel Nordest italiano del 30-35%.

Risultati dellei politiche del 9-10 aprile 2006

Mentre le elezioni comunali hanno avuto i seguenti risultati


4. ALTRE AMENITÁ SOCIALI PAESANE

4.1 I Friulanismi
A chi parla con un friulano per la prima volta nella sua vita, generalmente gli si apre un mondo linguistico completamente sconosciuto. Anche il friulano piú colto non potrà fare a meno di utilizzare i famigerati friulanismi quando tenta di esprimersi in quella bella convenzione sociale che é la lingua italiana.

Tra friulani é dato per assodato che le espressioni utilizzate siano sempre corrette e consone alla lingua del "dove il sí suona". Tuttavia, la realtà é ben diversa. Non c'é comunque problema perché il friulano combina sempre senza dare di matto e se possibile, ottenendo dei benefici di riva giù.

Lezioni su come insaporire la lingua italiana sono offerte dal dizionario di Friulanismi (cortesia del sito http://www.pengio.com) che é di facile lettura e non fa ingomeare.

4.2 I Soprannomi paesani
Come in tutti i paesetti del mondo, dare soprannomi agli abitanti é una sorta di passatempo considerato "naturale". Sembra infatti impossibile sfuggire all'arguzia dei compaesani quando si ha un difetto fisico, un difetto caratteriale o una particolarita' di qualsiasi genere. I soprannoni naturalmente cambiano con gli anni e si adattano alle mutate condizioni sociali. Molti dei soprannomi di un tempo sono andati persi con il trascorrere degli anni e con il passagio a miglior vita dei protagonisti della vita paesana degli anni che furono.

Soprannomi morsanesi dagli anni Quaranta agli anni Ottanta:
In questo periodo, chi provenisse dal Veneto veniva definito un "Digo" oppure "Talianot". Inoltre, chi emigrasse da altri paesi del Friuli, con alta probabilita' si sarebbe visto attribuire come soprannome il nome del paese di provenienza (ad esempio "chei di Ipplis" cioé quelli provenienti dall'abitato di Ipplis appunto).

Soprannomi specifici di famiglie o persone:
- "Bacagnat" soprannome dato alla famiglia Bertossi. "La di Bacagnat" oppure "chei di Bacagnat";
- "Balote" soprannome dato a un ramo degli Strizzolo;
- "Basili" soprannome dato a Sergio Peressoni (Sergjo Basili);
- "Butigher" soprannome dato ad un ramo della famiglia Romanese;
- "Cadorne" soprannome dato a Luigi Tuan (?) in quanto era lui che leggeva i giornali ed i bollettini durante la prima guerra mondiale dando in anteprima le notizie su cosa il generale Cadorna stesse facendo. Il soprannome é stato ereditato dal figlio e da alcuni familiari (Chei di "Cadorne");
- "Casaro" soprannome dato a Tullio Romanese gia' casaro della latteria sociale del paese (Tullio "Casaro");
- "Cichin". Soprannome dato alla famiglia Strizzolo e non piú in uso. Pare derivi dal fatto che questa fosse una famiglia di contadini possidenti quindi contadini che avevano lo "zecchino", in friulano appunto "Cichin";
- "Gazete" (ovvero la Gazzetta) soprannome dato ad una signora molto pettegola;
- "Ipplis" ("Chei di Ipplis" ovvero "quelli di Ipplis") soprannome dato una famiglia che proveniva da Ipplis vicino Cividale;
- "Moracjon" soprannome dato ad un ramo della famiglia D'Ambrosio. Il soprannome é un soprannome tipico dei D'Ambrosio di Castions di Strada che é stato importato a Morsano quando una famiglia di D'Ambrosio si é trasferita a Morsano. Il soprannome é ancora in uso.
- "Minto" soprannome dato ad i figli maschi di un ramo della famiglia Sicuro;
- "Minuti" soprannome dato al Cav. Giacinto Graziotto;
- "Muini" soprannome dato al sagrestano (in friulano "muini"). Il sagrestano si ritrova inmancabilmente il suffisso "muini" dopo il suo nome (e.g. Nesto Muini, Mario Muini);
- "Muscjin" soprannome dato a Giovanni Sicuro (il vecchio);
- "Nadai". Il capostipite della famiglia Plozzer a Morsano fu tale Natale Plozzer emigrato da Sauris nei primi anni del Novecento. Da allora, i Plozzer sono tutti cosiderati i "Nadai" o "chei di Nadal" (quelli di Natale);
- "Nino Fel" soprannome dato a Raffaele Bertossi;
- "Pascolat" soprannome dato a Pietro Tuan (Pieri Pascolat) e a volte usato per altri membri della famiglia;
- "Pasculin" soprannome dato ad un ramo della famiglia Sattolo. Generalmente menzionati come "chei di Pasculin" cioé "quelli di Pasculin";
- "Pierinut" (ovvero Pieretto) soprannome dato a Pietro Tartare il quale era disabile ed aveva le braccia non completamente sviluppate e le mani molto piccole;
- "Pin" ("Chei di Pin") soprannome date ai figli di tale Pino (Pin). "Ide o Riche che di Pin";
- "Pistole" soprannome dato a Francesco Entesano detto appunto "Checo Pistole";
- "Regno" soprannome dato a Teresina ???;
- "Rizote" ovvero la "Ricciolina", soprannome dato a ???

- "Sis" soprannome dato al ramo della famiglia D'Ambrosio non appartenente ai "Moracjons". Alcuni avi di questo ceppo hanno vissuto a Morsano.
- "Spude" per un ramo della famiglia Tuan [ad esempio, Rosute che di Spude - Rosina quella di "Spude"];
- "Svualdin" soprannome attribuito a ????????
- "Tabac" soprannome attribuito agli avi della famiglia Colussi;
- "Talian" soprannome attribuito agli avi di un ramo della famiglia Tomasin (????)
- "Uitte" soprannome attribuito ad una signora molto piccola di statura;
- "Zepe" soprannome dato ad un ramo della famiglia Sicuro;
- "Ziute" soprannome usato per Toni "Ziute" cioé Antonio [il figlio di] "Cecilia". Per distinguere Antonio Forgiarini da altri Antonio del paese, la gente lo identificava con il nome della madre Cecilia, in friulano detta appunto "Ziute";

Soprannomi nati ai giorni nostri:
- Armaron" soprannome dato ad Alfredo Franceschinis fondatore di un negozio di mobili del paese quindi chiamato Fredo Armaron proprio perché vende armadi (armarons);
- "Abel", soprannome dato a Michele Tuan grande tifoso dell'Udinese in concomitanza con l'arrivo a Udine del calciatore Abel Balbo nei primi anni Novanta;
- "Bisi" soprannome dato a Alessandro Cannistracci trasferitosi da Gorizia ergo bisiacco quindi "bisi";
- "Buca" soprannome dato ad Alessandro Businelli in funzione del cognome. Lo stesso Alessandro da ragazzino aveva come soprannone "Mime";
- "Ciro" soprannome dato a Mirco Muradore a seguito del suo tifo per Ciro Ferrara;
- "Dine" soprannome dato a Daniele Tuan;
- "Manarie" soprannome dato a Giovanni Sicuro per riflettere la possenza del suo fisico (Gjovanni "Manarie");
- "Mappet(z)" dal Mappet's Show é il soprannome dato ad Andrea Stocco;
- "Pel" soprannome dato a Alex Pellizzari per celebrare il suo essere villoso;
- "Pip", soprannome dato a Roberto Furgada perché non molto alto di statura (Pipino il Breve quindi abbreviato "Pip");
- "Pissi" soprannome dato a Michele Bruno;
- "Poto" soprannome dato a Cristian Canevarolo frutto di una elaborazione del suo cognome (Canevarolo - Gattovarolo - Topovarolo);
- "Zebo" soprannome dato a Leonardo Zanello.

Senso dell'Umorismo e Permalosità


Scuse e scusarsi


Sorrisi e Sorridere


I Sistemi di Misura (Il "Morsanometro")
Uno dei principi fondamentali della scienza, e per contro anche delle scienze sociali, é che per trarre delle concusioni che definiscano un comportamento comune é essenziale che vi sia un'analisi rigorosa di un campione significativo di elementi. Grosso modo, campione significativo significa che gli elementi che si analizzano rappresentino adeguatamente l'insieme. Ad esempio, per analizzare i comportamenti degli adolescenti Europei é essenziale che venga condotto uno studio su un campione di giovani in ogni nazione Europea, o che per sapere il fatturato medio di un'impresa del settore caseario in italia vengano intervistati dei casari in almeno tutte le regioni e via dicendo. Generalmente, il campione minimo si aggira sulla trentina di elementi ma puo' salire fino a qualche decina di migliaia.

A Morsano, nonostante nessuno sia mai laureato in statistica, il principio dell'analisi del campione per trarre conclusioni sull'insieme é cosa ben nota e ampiamente praticata fin dalla notte dei tempi. I morsanesi infatti, sono molto avezzi all'analisi dei comportamenti paesani (il campione é di circa mille individui) e sono pronti a trarre conclusioni che vanno al di la di ogni possibile dubbio. Capita spesso di ascoltare conversazioni in cui un morsanese dica all'altro "in Italia ci sono troppi benefici per gli statali, pensa che a Morsano tutti gli statali lavorano sei ore al giorno e sono a casa in permesso sindacale ogni settimana!". Oppure "l'agricoltura sta andando sempre piú nelle mani dei grandi, guarda a Morsano; negli anni Cinquanta c'erano 400 persone impiegate in agricoltura, adesso sono solo in 15". Si puó continuare con "a Morsano ci sono tre bar per mille abitanti, il che vuol dire che in Italia, essendoci 57 milioni di abitanti ci sono circa 174.000 bar". Oppure "a Morsano in 3 hanno l'abbonamento alle partite dell'Udinese, negli anni Ottanta erano in 7. Eh, si, il calcio in Italia é in crisi". Quanti laureati ci sono in Italia? "a Morsano ce ne sono 23 su mille abitanti il che significa che in Italia ce ne saranno circa 1.3 milioni" e via dicendo.

Naturalemte il fatto di utilizzare il "Morsano" come misura di riferimento non si esaurisce alle scienze sociali. Nel campo delle distanze fisiche, il "Morsanomentro" gioca un ruolo fondamentale. Ad esempio, per capire quanto grande é una nave in costruzione ai cantieri di Monfalcone, dire che si tratta di una nave alta 30 metri e lunga 150 non ha lo stesso impatto visivo del dire "a je alte come do voltis el cjampanili di Morsan e lungje come dal oratori ale cjase di Primo daur dal tennis! [é alta due volte il campanile di Morsano e lunga quanto la distanza tra l'oratorio e l'abitazione di Primo dietro il campo da tennis!]". Oppure, quanto distante é Harvard dal centro di Boston? La risposta che l'interlocutore paesano si aspettera' non sara' un'indicazione di quanti chilometri si tratti bensi qualcosa sulle linee di "come la' di Morsan a Curgnui [la stessa distanza che c'é tra Morsano e Corgnolo".

Esiste poi un modo per descrivere qualcosa di straordinariamente grande che puó essere racchiuso con il "come dut Morsan! [quanto tutto Morsano!" ed i suoi multipli "come do voltis Morsan, come 10 voltis Morsan, come mil voltis Morsan etc.[due volte la dimensione di Morsano, tre volte la dimensione di Morsano, mille volte la dimensione di Morsano etc."

Ad esempio, qual'e' la popolazione di Londra? 7 milioni non avrebbe mai lo stesso effetto di dire "come 7.000 voltis i abitanz di Morsan [quando 7.000 volte gli abitanti di Morsano]". Oppure, quanto grande é il parco di Versailles? Sbagliato rispondere semplicemnete 105 ettari, il morsanese si aspettera' una risposta del tipo "come 11 voltis Morsan [quanto 11 volte la superficie di Morsano". Si puó anche utilizzate le dimensioni del campanile per descrivere il volume. Infatti, per descrivere la capacita' di un grosso silo si puó dire "al'é grant come el cjampanili di Morsan [é tanto grande quanto il campanile di Morsano".

Insomma, il Morsanometro entra in gioco con le misure di volume, altezza, superficie e chi piú ne ha piú ne metta.

I rapporti con Castions

I rapporti con Gonars


Il Vestito della Domenica

Ringraziare

Le Bestemmie
Come molti friulani, i Morsanesi sono molto avvezzi a nominare il nome delle divinita' celesti piú o meno invano. Tanto é radicato nella cultura locale il bestemmiare che non esiste muratore, carpentiere, falegname, pittore, operaio morsanese che non abbia una sua personalissima parola da associare al creatore. Ci sono infatti le bestemmie generiche e poi quelle specialistiche. Mentre le prime sono quelle che qualsiasi blasfemo userebbe, le seconde sono quelle che un individuo decide di inventare e fare sue. Spesso, nei racconti da bar un compaesano é rappresentato come colui che usa una tale bestemmia.

Tanto é radicato il bestemmiare nella popolazione che anche le persone piú educate finiranno con l'utilizzare esclamazioni del tipo "giuda porco" che altro non fanno che flirtare con il concetto di bestemmia. Per il morsanese da bar, la bestemmia é come un accessorio alla moda. Quasi come avere un paio di pantaloni Armani. Si puó stare senza ma averli da' una marcia in piú ed un senso di appagamento dell'autostima.

Spesso, anche ai bambini di 3/4 anni, a forza di sentire i padri e gli zii bestemmiare, impareranno a ripetere le blasfeme parole udite in famiglia. Tuttavia, il risultato saranno sempre sonore risate dei parenti e sincere arrabbiature delle madri. C'é poi il senso di solennita' familiare attribuito alla bestemmia; infatti, la bestemmia é appaggagio del capo famiglia e non inusuale é l'espressione "a cjase me a blestemi dime io! [a casa mia puó permettersi di bestemmiare solo il sottoscritto!]".

In alcuni casi, la bestemmi diventa anche un intercalare. Ci sono casi di morsanesi che riescono, senza per altro volerlo, ad inserire una bestemmia (generalmente sempre la stessa) ogni 5/6 parole. Probabilmente, questo costume finira' con il cambiare dei tempi tuttavia, al momento non ci sono indicazioni di forti cambiamenti.

Per saperne di piú sul rapporto dei friulani con le bestemmie si prega di visionare "Chel che tu scugnis savé par sedi un ver Furlan".

La televisione, ovvero la dispensatrice di certezze
La frase "lu an dite ale television" é senza dubbio una delle frasi più usate dai Morsanesi.

Il Bar: ad ognuno il suo

 

L'onniscenza (da osteria)
Il morsanese non ha mai torto, o meglio é un bastian contrario per partito preso ed ha sempre l'ultima parola su tutto. Oltre a questo, possiede una dote molto rara tra la specie umana: l'onniscenza. Provate ad avere una discussioni sul codice della strada e su quali siano le pene per chi beve un bicchiere di troppo e si mette alla guida di un motoveicolo. Ogni morsanese si professera' immediatamente un esperto e neppure la presenza di un addetto ai lavori, quale un appartenente alle forze dell'ordine potra' far cambiare idea al morsanese (che in cuor suo non nutre mota fiducia sulla preparazione di uno statale quale é l'appartenente alle forze dell'ordine) il quale citera' innumerevoli esempi di persone che lui conosce e delle esperienza che hanno avuto quando fermati dall apttuglia di turno mentre guidavano in stato di ebbrezza. Naturalmente i loro amici se la sono cavata riuscendo a fare fessi i controlli e quindi il sistema di controlli non funziona.

Non serve menzionare la politica, il calcio e via dicendo. Il morsanese avra' sempre un atteggiamento piuttosto aggressivo nell'esprimere le proprie idee tanto per dare da intendere che lui sa' gia' come andranno le cose o come siano andate se si sta discutendo di eventi passati. Non esistono cospirazioni per il morsanese in quanto tutta la vita é una grande cospirazione che solo lui puó svelare. Provate a chiedere ad un morsanese chi ha ucciso Kennedy o che fine abbia fatto l'oro di Dongo, o a chi verranno assegnate le olimpiadi nel 2060...avra' le risposte sempre pronte e nessun uso di condizionali nell'esprimerle. Solo imperativi!

Potrebbe suscitare qualche dubbio il fatto che il nostro caro morsanese nonostante le grandi conoscenze e la facilita' di predire il futuro giri in Panda ed abbia un lavoro da qualche pugno di Euro anziché una villa a Montecarlo ed una Ferrari ma forse, ne sa una piú del diavolo ed é un miliardario in incognito per sfuggire all'assedio dell'esatore delle tasse. Chissa', chiedetegli, sicuramente avra' una bella storia da raccontare...


Cultura? "E no ai studiât tant jo!"


La scala dei valori

I raccomandati veri o immaginari


Pensionati a ore: i giovani vecchietti aguzzano l'ingegno

Benito Mussolini, Frate Indovino e altre amene certezze


Operai che fanno lo stesso lavoro durante le ferie a nero naturalmente!


Collaboriamo ad un progetto? "Son simpri chei!"


Nuove idee? Buone per pessimismo Friulano e grugniti

"Le mandule" ovvero la bustarella

La Polemica Morsanese, ovvero come perdersi in stupidaggini

Non si sa mai chi si puó aver bisogno (1)
Tradizionalmente, in un piccolo paese del Friuli, la regola fondamentale dell'opportunismo sociale prevedeva che mai fossero offese o criticate le seguenti figure:

- il prete
- il medico
- l'ostetrica ("le comari")

Non si sa mai chi si puó aver bisogno (2)

Frasi celebri Morsanesi e frasi usate spesso a Morsano
A Morsan son ducj gay cul cul di chei atris! [E. Todaro]

I Morsanes son come i fasui...a cjacarin par daur! [anonimo]

Chei di Morsan a bevin ué e ancje doman. [detto popolare]

Iul bighe no cjavei. [detto popolare friulano]

Ducj an voe di comanda' e nisun l'a' voe di lavora'.

A son simpri chei ca lavorin.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE